La Toscana stupisce sempre!
Ma quanto può risultare
scontato fare un bel giro in Toscana, tra paesi medievali e colline con filari
di cipressi che accompagnano lo sguardo?
Beh non è stato
proprio il caso, questa volta, nonostante il cielo incerto e giornate in cui la
massa si sposta a frotte, sorge, infatti,
nella zona di Colle Val d’Elsa sulla strada che porta a Poggibonsi, una
zona speciale del Chianti dove il terroir, l’esposizione e la posizione
contribuiscono a far nascere i Chianti qualitativamente migliori, un gioiello
di raffinatezza ed accoglienza veramente senza eguali.
Sto parlando de “Il
Cellese” di Sergio Sardelli, una cantina che dall’inizio degli anni 2000 ha
percorso tappe sempre in salita.(vedi articolo di Forbes – settembre 2020).
Non la semplice
cantina degustativa in cui si sa già si sa cosa ci si aspetta, ma un rifugio
ricercato e studiato a puntino, dove lo sguardo si perde nell’arredamento sino
ad arrivare alle gallerie sotterranee che oltre a mantenere temperatura e umidità ideali e
costanti, tutto l’anno, per l’invecchiamento e l’affinamento del vino, le cui
pareti di tufo trasudano umidità, e dove alloggiano bottiglie e botti sistemate
come in un’esposizione di opere d’arte il tutto contribuisce a creare uno
scenario unico nel suo genere ci raccontava Sergio che durante gli anni ’40
assunsero la funzione di rifugio antiaereo per proteggere gli abitanti della
regione dai massicci bombardamenti che colpirono la zona. Inoltre, i sedimenti
depositati in decenni di abbandono sono stati riportati al loro antico
splendore, rivelando i pavimenti originali in cotto e pietra strutturale.
L’ambiente è
ricercato ed accogliente allo stesso tempo, ma ciò non ci ha impedito di
rilassarci anche indossando abbigliamento casual, ciò che circonda il cliente è
fatto di colori, luci e specchi e poi quella sensazione di magica raffinatezza
e fantasia.
Siamo partiti con un vino dal nome a me molto caro “ALBINO” un vino che “nasce da un rosso ed è cresciuto da bianco” parliamo di un Sangiovese in purezza raccolto ad inizio settembre con buona maturazione zuccherina ma non completa di antociani e che sia un vino particolare lo si capisce già dal colore tra un giallo paglierino carico e un rosa tenue, dai profumi di frutta fresca, agrumati i recettori nasali vengono poi stimolati sia da fiori bianchi di campo e dai sentori di macchia mediterranea che ci ricordano il carattere bianco del vino e sia dai piccoli frutti di bosco che si ricollegano alle peculiarità rosse del vino.
Ma entrando nel
vivo dei vino nonostante la dominanza del Chianti quello che Sergio produce per
sé e per i suoi clienti, i quali debbono giungere lì sul luogo per poterli
acquistare, è per palati sopraffini, parliamo di un Chianti Classico di un
colore rosso rubino brillante quasi ipnotico, al naso frutti rossi, ciliegia,
amarena, fragoline di bosco, fiori di violetta e un finale lievemente tostato
ricordo della permanenza in botte. Al palato è intenso, pieno, ricco di
sensazioni fruttate e balsamiche, la buona acidità dona freschezza e
persistenza bilancia la dolcezza.
Qui nulla è
lasciato al caso tutto è formulato e amalgamato nel rispetto del gusto.
A seguire ci ha
fatto degustare ”PINCTUS” unione di Cabernet e Sangiovese vendemmiati generalmente a fine ottobre quando
il Cabernet è a piena maturazione e sovramaturazione. Raccogliere due
varietà insieme nello stesso processo di vendemmia ci spiegava Sergio nonostante
ci siano due diversi periodi di maturazione, generalmente nell'arco di un
mese, gli permette di ottenere un bouquet ampio fatto di frutta rossa matura
quindi ciliegie prugne mirtilli ma anche sentore di sottobosco, terra bagnata, legno,
spezie chiodi di garofano…Il Cabernet Sauvignon rispetto al Sangiovese conferisce al vino uno sviluppo organolettico superiore
nel tempo, con conseguenti lunghe prospettive di invecchiamento.
Personalmente al di
là delle caratteristiche olfattive e degustative quello che mi ha davvero
colpito nei vini è la pulizia, intesa come pulizia olfattiva, nessun odore non
armonico neppure lontanamente percepito. Chapeaux Sergio…complimenti.
Quale medicina
migliore per il corpo e lo spirito, a questo punto, se non “ll Cellese”?











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